Parigi, Opéra Bastille, “Salome” di Richard Strauss
SALOME INTORNO ALLA GABBIA
Con Salome, opera provocatoria e scandalosa che avrebbe suscitato più di una censura, Richard Strauss si affermò, conoscendo un enorme successo di pubblico poiché aveva colto con distacco e una certa freddezza lo spirito del tempo e il gusto per le perversioni latenti della classe borghese. La partitura è molto ricca di contrappunti strumentali sovrapposti e impiega anche scale orientali per accentuare sensualità e sessualità secondo la fruizione comune. L’opera è composta da pochi motivi fondamentali ma estremamente allusivi e la musica ha una forte tensione interna e un crescendo tragico sconvolgente.
In tempi di riprese torna alla Bastille l’allestimento del 2003 di Lev Dodin, una produzione tradizionale, decisamente più classica rispetto ad altre regie per il teatro lirico firmate dal regista russo, che dopo un inizio piuttosto statico convince per l’ottima direzione degli attori, con una lettura asciutta e moderata che sembra prendere le distanze dagli eccessi dell’opera per ricreare un clima rarefatto e asfittico dove ognuno è prigioniero di sé stesso e del proprio desiderio insanabile.
La scena di David Borovsky, priva di riferimenti spazio-temporali, ricrea con pochi volumi una terrazza a gradinate delimitata da balaustre e da una facciata stilizzata dove si vedono fenditure luminose che introducono al palazzo di Erode. Sullo sfondo si stagliano due alti cipressi e una luna bianca formato ridotto che per gridare il proprio orrore si tingerà di nero con un’eclissi. Le luci radenti di Jean Kalman animano la scena con un uso sapiente del chiaroscuro e colorano lo sfondo di blu per introdurre la notte, di giallo o arancio per suggerire la Palestina dell’immaginario, per virare al senape, poi verde cupo, nella necrofilia finale. Al posto della cisterna scivola lungo il palcoscenico una grande gabbia sviluppata in verticale con sbarre a tutta altezza in cui è rinchiuso il profeta e lungo cui si concentra buona parte del movimento della viziosa principessa, ossessionata da un Jochanan in accappatoio, seducente e virile. La danza dei sette veli è una corsa atletica su cui s’innestano balzi felini e posture orientaleggianti che si conclude, non senza sorpresa, con il flash di un nudo. Alla fine Salome non verrà schiacciata dagli scudi dei soldati, ma morirà nell’estasi del primo bacio d’amore.
La produzione privilegia la componente infantile di Salomè e Camilla Nylund ha un viso luminoso dai lineamenti delicati particolarmente adatto per suggerire virginale innocenza mista a adolescenziale perversione. Una Salomè-bambina dagli occhi sgranati e la bocca aperta in attesa di assaporare il frutto proibito ed un corpo agile che rotola sul pavimento o si tende lungo le sbarre come quello di una pantera, ma che conserva tracce d’infantile stupore. La dizione e il fraseggio sono buoni, ma la voce ancora acerba non ha l’estensione e la capacità di chiaroscuro richiesta dal ruolo e stenta a passare l’orchestra.
Thomas Moser è un Erode grottesco e comico nella sua libidinosa lascivia, la voce dimostra ancora buona tenuta e si presta al canto variegato. Ottima Julia Juon, presenza fascinosa e voce piena e sonora che dà pieno risalto a Herodiade, una Salomè allo stato adulto. Nel ruolo di Jochanan Vincent Le Textier non possiede vocalità sufficientemente scultorea e incisiva per il profeta fanatico e tenebroso. Xavier Mas è un eccellente Narraboth dal canto intriso di lirica dolcezza, vocalmente interessante anche il Paggio di Verduhi Abrahamyan. Ben risolti i ruoli minori.
Con una direzione trascinante Alain Altinoglu imprime forte mordente sottolineando la violenza e la tensione di una partitura di cui mette in evidenza gli aspetti più moderni avvicinando Salome alle avanguardie. Non sempre calibrata nel rapporto voci e orchestra, la direzione privilegia drammaticità narrativa a preziosità timbriche e chiaroscuri e si perde parte della ricchezza e dell’incanto della scrittura straussiana, fatta di colori, sfumature, preziosi scintillii.
Alla fine applausi per tutti da parte di un pubblico attento e numeroso.
Visto a Parigi, Opéra Bastille, il 7 novembre 2009
Ilaria Bellini
Teatro